MORTARA - Aule troppo piccole e spazi ridotti: così gli studenti del “Ciro Pollini” rischiano di restare a casa anche a settembre. Nella sede di via Ospedale, infatti, sarà impossibile rispettare il distanziamento sociale probabilmente richiesto per il ritorno tra i banchi di scuola in sicurezza, costringendo il personale scolastico ad inventare nuove strategie per la ripresa delle lezioni in presenza. Anche se la soluzione sarebbe davvero semplice: basterebbe che Asst affidasse all’istituto mortarese quelle sei stanze dell’ex ospedale “Sant’Ambrogio” che da tempo sono state promesse al Pollini ma i cui permessi non sono mai stati sbloccati. “Abbiamo da sempre il problema dello spazio, perché disponiamo di aule molto piccole. Alcune sono davvero ridicole, parliamo di situazioni dove non c’è posto nemmeno per la lavagna – spiega Elda Frojo (nella foto), dirigente dell’istituto Pollini -. Nessuna scuola è al corrente per ora di quali direttive bisognerà seguire per il rientro in autunno, ma da noi ha già richiesto un certo sforzo disporre le aule dove si svolgeranno gli esami di maturità e in questo caso si parla soltanto di cinque commissioni esaminatrici. Per settembre le nuove disposizioni dovute al Covid rischiano di aggravare ancora di più la nostra situazione: dovrei sistemare più di settecento studenti che frequentano le lezioni diurne, una trentina di classi circa che non riesco a collocare nel rispetto delle distanze nemmeno sfruttando gli spazi disponibili in tutte le tre sedi del nostro istituto”. Sono soltanto una decina infatti le aule in via Ospedale sufficientemente ampie da permettere la corretta disposizione dei banchi, a cui si potrebbero aggiungere quattro classi idonee al distanziamento nella sede di agraria in via Marsala. Rimangono poi soltanto le aule attualmente dedicate ai laboratori di sala per l’indirizzo alberghiero, che potrebbero essere sfruttate anche per le lezioni regolari in mancanza di altri spazi. Tuttavia, si tratterebbe comunque di organizzare per i ragazzi una sorta di orario “itinerante”, con lezioni successive dislocate tra una sede e l’altra, obbligando gli studenti a spostarsi tra le vie della città ad ogni cambio dell’ora. Un’ipotesi davvero poco realizzabile. “Contando solo sugli spazi che abbiamo ora non potremo ricominciare le attività con tutti i ragazzi in presenza – continua la dirigente -. Abbiamo già pensato a diverse ipotesi come la didattica a classi alternate e il ripristino delle lezioni al sabato. Dal Ministero propongono anche di ridurre l’ora di lezione a 40 minuti. Potremmo addirittura dividere i ragazzi in piccoli gruppetti seguiti da un insegnante di sostegno per sfruttare le aule più piccole, ma sarebbe un grande problema organizzare i turni di tutti. D’altro canto, io ho fatto presente il nostro problema di spazio praticamente da quando sono arrivata in questa scuola e ho comunicato l’esigenza di avere nuove aule chiedendo aiuto a chiunque potessi raggiungere. Ho scritto alla Provincia e ultimamente conto anche sull’interessamento dimostrato da Daniela Bio, che si è presa a cuore la nostra causa. Più di questo però non so cosa fare. Non abbiamo un’aula magna, una palestra solo nostra, uno spazio comune abbastanza grande dove mettere i ragazzi: con il distanziamento mi vedo costretta a chiudere”. Eppure, non molto tempo fa, sembrava fosse arrivato un barlume di speranza che avvicinasse gli studenti del sociale alla risoluzione del problema. “Erano venuti due addetti della Provincia a visionare gli spazi di via Ospedale – racconta la dirigente Frojo – sapevo che ci avrebbero affidato sei nuove aule a pian terreno. Tempo dopo ho scoperto dai giornali che Asst non dà i permessi per cedere a noi questi spazi. Sinceramente non capisco come possa essere possibile, perché se viene qualcuno dalla provincia a farmi una proposta io credo che questa sia fattibile, non che sopraggiungano successivamente problemi burocratici o di attuazione. Queste sei aule, tra l’altro, si sarebbero dovute aggiungere alle due stanze che abbiamo già perfettamente sistemato al secondo piano dell’immobile ma che stiamo aspettando da tre anni di poter usare, in quanto manca la scala per poterle raggiungere. Questa scala continua a non esserci perché, da quanto ci ha spiegato la Provincia, la ditta che aveva vinto l’appalto per i lavori è fallita”. L’istituto professionale purtroppo è abituato da tempo agli spazi precari: si comincia dall’alberghiero, che ha i suoi laboratori di cucina al primo piano di un edificio praticamente abbandonato; la sede dell’indirizzo agrario, invece, ha spazi che sono stati sistemati dalla scuola stessa grazie a piccoli fondi provinciali e agli aiuti sostenuti da aziende private, nonostante l’edificio necessiti di interventi di manutenzione ben maggiori. “Spero che l’unica cosa buona di questa emergenza sia l’arrivo di fondi alla Provincia, che possano servire a sistemare con poco nuovi spazi dell’ex ospedale i quali saranno trasformati in nuove classi per l’indirizzo sociale”.Beatrice Mirimi